Venere italica di Antonio Canova: analisi completa della scultura
Dopo aver analizzato tutte le informazioni relative alla scultura intitolata la “Maddalena penitente” di Antonio Canova, oggi continuiamo a restare in compagnia di questo fantastico scultore per scoprire un altro suo lavoro ancor più popolare e chiamato la “Venere italica”.
All’interno di questo articolo vi mostreremo tutti i dettagli inerenti alla storia della sua produzione e successivamente troverete una breve analisi stilistica che metterà in primo piano tutte le caratteristiche che hanno reso così popolare questo lavoro dello scultore.
Data di produzione: 1804-1812
Dimensioni: 110 cm (Altezza)
Dove si trova: Galleria Palatina, Firenze
Prima di tutto partiamo con qualche informazione relativa alla storia della produzione di questa “Venere italica”; la sua data di realizzazione lascerebbe pensare infatti che quest’opera fu realizzata per soppiantare il trasferimento della “Venere de’ Medici” di Cleomene di Apollodoro; tale “trasferimento” fu ad opera di Napoleone, il quale dopo aver conquistato l’Italia, costrinse i nemici a consegnare moltissime delle opere più famose alla Francia e replicando questo schema anche con molti altri paesi, arricchendo così i Musei di Parigi con opere provenienti da tutto il mondo.
Antonio Canova allora decise di realizzare un’altra scultura, ispirata apertamente a quella di Cleomene di Apollodoro, affinché il prodotto del suo lavoro potesse essere un degno sostituto.
Adesso effettuiamo una breve analisi della “Venere italica”: a primo impatto, le due opere si assomigliano molto, sia nelle proporzioni che a livello ideale; Canova, infatti, decise di ricalcare idealmente la statua trafugata da Napoleone, cercando di mettere in primo piano la leggiadria del soggetto.
La Venere qui viene rappresentata con il volto girato e intenta nel coprirsi immediatamente, come se fosse stata sorpresa dall’arrivo di qualcuno e per non mostrarsi nuda, cerca di coprirsi come meglio può; Canova riesce a rappresentare questo gesto naturale in modo sublime, attraverso la resa del panneggio del telo che copre il corpo della dea, tutto arricciato nella parte centrale, dovuto alla pressione che Venere compie su quest’ultimo.
Come accade in altre opere del Canova, anche in questo caso si può notare una forte vicinanza alle teorie espresse dallo studioso Johann Joachin Winkelmann, riassunte in questi tre semplici punti:
- Bello ideale
- Allontanamento dalle emozioni e passioni sconvolgenti
- “Nobile semplicità e la quieta grandezza”
Ramundo Agnese
sono contenta di aver trovato notizie di un busto in gesso appartenuto ai miei nonni, risalente ai primi del novecento, di cui ora sono in possesso e di cui non conoscevo il nome se no attraverso la ricerca effettuata su google. Sarei molto grata se poteste indicarmi come restaurarla dal momento che, incoscientemente mio zio la pitturò di bianco a smalto.
Dario Mastromattei
Buongiorno e grazie del suo commento. Siamo lieti della sua recente scoperta dovuta al mondo di Internet. Per quanto riguarda il restauro della statua può agire in due modi:
– Se vuole farlo con le sue mani, può cercare su Google “restauro busto in gesso” e le appariranno dei risultati che le indicheranno come procedere passo passo.
– In alternativa può rivolgersi ad un restauratore professionista che può restaurare il busto riportandolo (nei limiti del possibile) alle condizioni originali.