Martirio di sant’Orsola di Caravaggio: analisi completa del quadro
In questo articolo voglio farti conoscere un quadro di Caravaggio non molto famoso, ma, comunque di grande qualità tecnica. Come ben saprai, questo artista ha realizzato innumerevoli tele di tema religioso, come la Santa Caterina d’Alessandria. Adesso, però, voglio parlarti di un altro suo capolavoro, intitolato Martirio di sant’Orsola.
Leggendo questo articolo fino alla fine, conoscerai tutti i dettagli dell’opera, come la data di realizzazione, le dimensioni della tela, il significato dei particolari e tante informazioni che ti permetteranno di conoscere il quadro in ogni suo dettaglio.
Data di produzione: 1610
Dimensioni: 140,5 x 170,5 cm
Dove si trova: Palazzo Zevallos, Napoli
Il quadro è stato dipinto nel 1610: molto probabilmente si tratta dell’ultimo quadro dipinto da Caravaggio, poco tempo prima della sua morte.
Protagonista del quadro è sant’Orsola, una martire, che, come Caravaggio fa spesso, viene rappresentata in una veste completamente differente rispetto alla tradizione; l’artista, infatti, invece di riempire la scena con aureole ed angeli, propone uno scenario molto più crudo e realistico.
Guarda cosa fa Caravaggio: invece di dipingere una sant’Orsola sola e che compie il sacrificio per la sua fede, mostra quali sono state le cause della sua morte, mentre è circondata da altri personaggi.
Michelangelo Merisi attinge a piene mani dalla storia della martire, dipingendo sulla tela l’istante in cui quest’ultima rifiutò di concedersi ad Attila, e l’uomo, per risposta, la uccise con una freccia.
Dà un’occhiata alla scena: è molto buia ed è difficile scorgere qualche dettaglio; probabilmente i protagonisti si trovano nella tenda di Attila, come si può intuire dai tendaggi presenti in secondo piano.
D’altro canto, proprio questi arazzi sembrano più delle parti di un sipario che una vera e propria tenda. Sai bene che Caravaggio è un maestro nel gioco di chiaroscuri nelle sue opere, ma in questo caso, la scena è estremamente buia.
Concentrati adesso sui protagonisti: l’uomo sulla sinistra in primo piano è Attila, il quale è stato “modernizzato” con un abbigliamento del Seicento; se guardi la sua espressione, sembra che si sia già pentito di aver reagito d’istinto al rifiuto di sant’Orsola, uccidendola con una freccia.
Caravaggio propone un Attila estremamente umano, incredulo di aver compiuto un’atrocità simile, ed in procinto di far cadere l’arma con cui ha appena colpito la santa.
La martire, in primissimo piano, sulla destra, a causa della freccia, si sta piegando su se stessa: non ha ancora realizzato di essere stata colpita e sta cercando di capire cos’è appena successo.
Se guardi l’espressione della protagonista, però, ti accorgerai immediatamente che non è molto in linea con i suoi movimenti: sembra non soffrire per la ferita della freccia, ma piuttosto appare quasi del tutto rassegnata al suo destino.
Caravaggio mette in risalto la santa ponendo l’illuminazione direttamente su di lei e dipingendola con la carnagione molto più chiara rispetto agli altri personaggi: utilizzando questo artificio, il pittore vuole alludere alla morte imminente della donna.
Adesso diamo un’occhiata agli altri tre personaggi che circondano i due protagonisti: sono dei barbari al servizio di Attila; proprio come quest’ultimo, anche i tre soldati sono stati “modernizzati” con degli abiti del Seicento.
Le azioni dei barbari sono molto interessanti: tutti si accingono a sorreggere sant’Orsola, che da un momento all’altro stramazzerà al suolo. Devi sapere che l’uomo (con la bocca aperta) che sta sorreggendo la santa è un autoritratto di Caravaggio, incredulo per l’azione scellerata compiuta dal suo capo.
Infine, se (mentalmente) colleghiamo la posizione e l’espressione dell’alter ego di Caravaggio, si ha quasi l’illusione che anche lui sia stato trafitto dalla freccia di Attila.
Da qualche parte, in giro per la rete, si accenna a una mano “misteriosa” riapparsa dopo il restauro dell’opera, cui sono stati affibbiati i più strani e assurdi significati, tra i quali un “pentimento” del Caravaggio. La mano non è un pentimento e quindi non è un elemento eliminato dal Caravaggio. L’equivoco nasce da una ridipintura parziale oscurante e successiva da parte di qualcuno che ovviamente meriterebbe 0 spaccato in anatomia figurativa dal vero (mentre chi persevera nell’errore interpretativo oggi, oltre ad essere un ignorante come colui/coloro che hanno storpiato il dipinto ab antiquo, andrebbe rieducato in un liceo artistico per almeno vent’anni ). Analizzando la scena attraverso la regolazione luminosità/contrasto di un programma di foto ritocco (Photoshop/GIMP, ecc.), infatti, appare evidente che la “famigerata” mano riapparsa dopo il restauro appartiene al “barbaro” nobilmente vestito (come Attila, che però ha l’armatura) a destra di S. Orsola, il quale, a sua volta, guarda di sbieco verso una donna velata che s’intravede appena in secondo piano tra sé e Attila, probabilmente quella Santa Cunera sfuggita al massacro di Colonia e poi salvata da re Radbod di Frisia (presente al martirio) e, pare a motivo della sua bellezza, portata a Rhenen (Paesi Bassi), dimora di costui. Rimane da capire perché Caravaggio abbia evidenziato con il lampo di luce il volto del nobile barbaro (semplice motivazione iconografica di tipo cristiano legata alla cristianizzazione dei Frisoni/Olandesi o c’è un collegamento con il committente, quel Doria di nobili origini?). Quindi i personaggi sono sei: Attila, S. Orsola e lo sgherro loricato di Attila in primo piano disposti a esedra aperta verso l’osservatore, in secondo piano, a formare un’esedra (o un prisma a base triangolare) aperta verso il fondo, il nobile barbaro (re Radbod?), il giovane barbaro che reca i tratti di Caravaggio (alla sua sinistra) e la giovane donna velata che scappa via alla sua destra (S. Cunera? Che stia scappando in seguito all’avvertimento del nobile barbaro, che gli rivolge lo sguardo e ha la bocca aperta come per parlare, è intuibile dalle pieghe del panneggio della sua veste). Bellissimo e poco noto, invece, il dettaglio della freccia, rappresentata proprio nel momento in cui si sta conficcando nel petto della santa: volendone rendere visivamente il movimento repentino percepito da un ipotetico spettatore lì presente e posto nello spazio dell’osservatore (espediente che immedesima tutti gli osservatori del quadro in quello spettatore), Caravaggio l’ha dipinta quasi trasparente e dissoluta nella forma, con un espediente che anticipa le soluzioni dinamiche del primo Futurismo.
Grazie per aver scritto questo articolo . Il lavoro sull’arte è importante per sensibilizzare e accrescere l’interesse generale su questi argomenti culturali . La luce in Caravaggio in più di un’opera ( spesso ? ) ha un valore aggiunto . In questo caso la zona di luce più ampia è appunto il petto della Santa che riceve il colpo mortale ; ma i vari volti e punti che prendono la luce in modo più centellinato si susseguono come che la luce segui un movimento che dall’alto a sinistra cade sulla Santa quasi abbracciandola intorno alle spalle . Come se la pietà divina tenga che la giovine non soffra . Il volto dell’uomo , probabile autoritratto , sembra intercettare il significato della luce e con gli occhi presi da essa, ha gli occhi di chi è folgorato dalla conversione .