Maestà di Ognissanti di Giotto: il tripudio dell’oro bizantino
Voglio farti scoprire uno dei lavori più celebri del leggendario Giotto di Bondone. Sicuramente, non c’è bisogno che io ti dica chi è questo artista: avrai già sentito l’aneddoto del suo “cerchio perfetto”. Per vedere effettivamente se quest’uomo fosse davvero così bravo, voglio parlarti di uno dei dipinti di Giotto più celebri, intitolato Maestà di Ognissanti.
Quando avrai finito di leggere questo mio articolo, posso assicurarti che questa Madonna di Giotto non avrà più alcun segreto per te. Conoscerai gli aspetti più importanti dell’opera, passando dalla storia fino al dettagliato commento di tutti i particolari che compongono questo capolavoro.
Data di produzione: 1310
Dimensioni 325 x 204 cm
Dove si trova: Galleria degli Uffizi, Firenze
LA STORIA
Siamo nel 1310 (o forse è il 1314-1315; c’è ancora un po’ di confusione sull’anno esatto di realizzazione dell’opera) e Giotto è sulla via del ritorno per Firenze, dopo trascorso un periodo ad Assisi.
Giotto è l’artista più richiesto di sempre, ed anche l’ordine religioso degli Umiliati lo vuole per realizzare la Madonna di Ognissanti da disporre sull’altare alto nella Chiesa francescana di Ognissanti a Firenze.
Cosa ci faceva ad Assisi?
Giotto si trovava in quella città per completare degli importanti incarichi che aveva ricevuto; devi sapere che in quegli anni era stracolmo di lavoro, ma nonostante ciò, aveva sempre completato tutti gli incarichi con il massimo impegno.
Non a caso, prima di realizzare la Madonna di Ognissanti aveva già completato la celebre serie di affreschi all’interno della Cappella degli Scrovegni a Padova.
Il Bondone ancora non sapeva che quel complesso gioco di affreschi gli avrebbe garantito una fama immortale, più di qualsiasi altro dipinto di Giotto.
Non ci credi?
Per farti capire quanto fossero famose le opere Giotto, ti basta sapere che, nientedimeno che Dante Alighieri, nella sua Divina Commedia lo cita e gli riserva un posto di tutto rispetto all’interno del Purgatorio, precisamente nel canto XI, ai versi 94-96:
Credette Cimabue ne la pittura
tener lo campo, e ora ha Giotto il grido,
sì che la fama di colui è scura.”
Quale è il significato di questa terzina di Dante?
Molto semplice. Sta dicendo che le immagini di Giotto hanno ottenuto una fama ed un successo che hanno eclissato addirittura il maestro dello stesso Giotto, ossia Cimabue.
Dopo l’incarico da parte degli Umiliati, il nome di questo capolavoro di Giotto cade nel dimenticatoio.
Nel 1418, però, un secolo dopo il completamento della tempera, ecco che spunta di nuovo fuori il nome della Madonna di Ognissanti Giotto, e sembrerebbe che l’altare su cui si trovava questo lavoro sia stato venduto a Francesco di Benozzo.
La maestà di Giotto però non passa inosservata nemmeno tra altri artisti: persino Lorenzo Ghilberti capisce che si tratta di un capolavoro senza precedenti, definendola una Madonna in maestà circondata da un folto numero di angeli.
Ma quando Giotto finisce il suo lavoro, in che parte della chiesa viene esposto?
A questo proposito, non c’è una risposta precisa.
Per alcuni, il capolavoro di Giotto sarebbe stato posto sul lato destro del “tramezzo”, ovvero il confine interno della chiesa che separava la zona riservata ai sacerdoti da quella dedicata ai fedeli.
Poi ci sono altri che pensano che il dipinto di Giotto sarebbe stato collocato sempre vicino al “tramezzo”, però, su altare.
Perché tutti sono convinti che si trovasse proprio su questa recinzione?
Basta guardare la posizione di Gesù Bambino: Giotto lo dipinge non frontalmente ma leggermente girato di tre quarti, ed il suo sguardo non è rivolto verso di noi, ma è verso sinistra, portandoci a pensare che questa Madonna Giotto, in origine avrebbe dovuto trovarsi posta a destra di qualcosa.
Nonostante il luogo di destinazione, il lavoro di Giotto Madonna di Ognissanti, giunge al 1810, quando poi viene secolarizzato, venendo così portata via dalla chiesa in cui si trovava e trasportata poi agli Uffizi, dove si trova tutt’oggi.
DESCRIZIONE
Questa Madonna di Giotto è lo straordinario risultato di una fusione di tanti stili differenti, dando vita ad un ritratto completamente nuovo.
Il protagonista indiscusso della composizione è l’oro: lo puoi vedere su tutto lo sfondo, ed inoltre è stato utilizzato per le aureole e molti dei particolari della scena di Giotto.
Perché utilizzare così tanto oro?
Giotto sceglie questo materiale per richiamarsi alla tradizione artistica italo/bizantina ancora molto in voga durante i suoi anni.
Se non bastasse, c’è un altro, evidente omaggio al mondo bizantino nella rappresentazione della Vergine e del Bambino con dimensioni gigantesche, evidentemente più grandi di tutti gli altri angeli presenti nella scena.
Per essere chiari: non si tratta di un’opera bizantina. Giotto ha chiaramente oltrepassato tutti i limiti di quello stile antico, o meglio, le sue figure lo hanno fatto.
I protagonisti della sua scena sembrano delle vere e proprie statue, sono tridimensionali, insomma, hanno la stessa dignità e forza delle antiche sculture romane.
Guarda con attenzione il trono su cui siede la Madonna: è decorato fino al più piccolo particolare (nota la presenza dei marmi colorati), e facendo un piccolo studio dello stile con cui è stato decorato, si capisce che è un esempio di stile gotico.
Perché dare tutta questa importanza al trono?
È un particolare che testimonia la grande attenzione ai dettagli da parte di Giotto: questo particolare stile decorativo è detto “cosmatesco”, molto in voga nella Roma antica (quando il cristianesimo era agli albori) e poi è giunto fino in Toscana nel tardo Medioevo.
Le innovazioni di Giotto, sia piano stilistico che su quello artistico, come hai potuto vedere, sono molto evidenti. Nonostante ciò,devi sapere che, in questo lavoro, ci sono tanti riferimenti allo stile di altri artisti.
Chi altro se non il maestro di Giotto, ovvero Cimabue, poteva aver “dato il proprio contributo” per quest’opera? I suoi insegnamenti sono evidenti soprattutto nella resa simmetrica di tutta la composizione.
A proposito: sapevi che anche Cimabue ha dipinto una sua Maestà?
Il mentore di Giotto l’ha realizzata nel 1280, e nel suo lavoro l’influenza bizantina è molto più evidente.anche Cimabue ha dipinto una sua Maestà nel 1280, ma diversamente dal lavoro del suo allievo, i particolari bizantini sono molto più evidenti.
Sai cosa hanno in comune i 2 lavori?
Le ali degli angeli: se le guardi attentamente, puoi notare evidenti somiglianze.
Oltre ad “ereditare” l’attenzione per le ali, Giotto riprende altri particolari dal suo maestro: prima di tutto la maestosità dei suoi protagonisti, ed inoltre, la grande importanza delle forme e dei volumi di ogni figura.
Sai chi altro ha influenzato Giotto?
Pietro Cavallini.
Cavallini era un abile mosaicista neo-bizantino, e che ha fornito a Giotto degli importanti suggerimenti riguardo le figure, donando a quest’ultime la tipica tranquillità e serenità che caratterizza le statue.
Per non farsi mancare nulla, Giotto ha aggiunto alla propria opera anche alcuni elementi dello stile di Nicola e giovanni Pisano, fieri esponenti del gotico nordico.
In sintesi, con questo lavoro, Giotto compie un’opera senza paragoni: pesca a piene mani dalla tradizione artistica bizantina, ma non dà vita ad un lavoro “già visto”, ma elabora un progetto completamente nuovo, caratterizzato soprattutto dalla tridimensionalità delle figure.
Nonostante il fatto che ci troviamo davanti alla Vergine ed il Bambino, accompagnati da un un grande numero di angeli, nella scena si respira un’aria molto rilassata.
Da cosa lo si capisce?
Ti basta guardare il volto della Vergine: sta sorridendo timidamente, quasi come se avesse dimenticato chi fosse e quale fosse la sua importanza.
Prima ti ho detto che è l’oro il protagonista indiscusso della composizione, ma oltre a questo, merita una doverosa attenzione il bianco cremoso della veste della Vergine, disposto in netto contrasto con il blu scuro del suo velo, che tra l’altro risalta immediatamente ai nostri occhi.
Ora guarda un momento gli angeli ai lati: hai notato che sono tutti diversi?
Sono tutti dipinti di profilo, ma ciascuno di loro ha una caratteristica unica che lo rende diverso da quello che gli sta accanto.
Sapevi che nella tradizione bizantina venivano rappresentati di profilo soltanto diavoli o altri personaggi negativi?
Giotto, con questo lavoro introduce una posizione completamente nuova nella questione.
Ci sono un altro paio di cose che devi sapere a proposito degli angeli qui presenti: per prima cosa, sono disposti tutti in modo ordinato e non uno sopra l’altro come accadeva nei lavori di artisti precedenti (si preferiva questa soluzione per evitare che i personaggi laterali si sovrapponessero ai protagonisti).
Poi, guardando con attenzione i due angeli in primo piano (quelli vestiti di bianco) puoi notare che stanno offrendo alla Vergine ed al Bambino un vaso decorato con dei fiori, tra cui si scorgono delle rose e dei gigli (quest’ultimi simboleggiano la purezza, attributo tipico di Maria).
Gli altri due angeli ai lati di Maria e di Gesù, invece hanno degli altri doni: una corona ed un recipiente d’oro.
Eccellente analisi.
Grazie per i complimenti Alberto.
Mi è molto piaciuto, tra le altre cose, il volto sereno e quasi sorridente della Madonna su cui, me distratto, non ho mai posato lo sguardo con la dovuta attenzione. Un grazie al tuo stupendo lavoro di ricerca e descrizione
Mi spiace notare l’assenza del messaggio centrale dell’opera
Grazie per questo articolo!
Olá Dario! Sou Stella Maris, professora de História da Arte. Gostei muito do teu artigo, pois estou introduzindo a Arte do Renascimento com meus alunos.
Um abraço daqui do Brasil.
Amo a Itália!!!!
Stella Maris Fontana
mi hai fatto innamorare di quest’opera.
il particolare degli angeli mi ha colpita
grazie mille sei stato davvero esaustivo
Grazie molto utile
Grazie,bravissimo
Stupenda ed esaustiva descrizione.Grazie.
Sei molto gentile Mario, grazie mille. 🙂
Grazie! Molto interessante, e ben scritto.