
Conference at Night – Edward Hopper | Analisi

Anno di produzione: 1949
Continuiamo il nostro viaggio tra le opere del ‘900, attraverso gli occhi di uno dei pittori più prolifici e famosi del mondo, che con il suo stile ha riscritto un intero genere e con il suo modo di vedere le cose ha invece reinterpretato “Il vivere all’interno di una grande città”. Il pittore in questione è Edward Hopper, americano, famosissimo per un quadro che tutti avranno visto almeno una volta nella vita, ovvero Nighthawks, o meglio I nottambuli.
Hopper si è concentrato particolarmente sull’esperienza di vivere all’interno di una grande città, su un punto di vista particolare, sull’individualità, sull’io che si riflette nell’eco delle grandi strutture e luci delle metropoli americane; ci sono così tante persone, così tante cose da fare, ma nel proprio piccolo, ogni abitante alla fine è solo. Questo è il tema su cui si basa anche un’altra opera importante, Conference at Night.
Analisi del quadro
C’è da fare una piccola premessa riguardo questo quadro, ovvero che fa parte di una serie di produzioni a cui Hopper si dedicò con grande forza, e tale serie prende il nome di Offices, in cui sono riportati tantissimi quadri che lo stesso pittore creò tra il 1949 e il 1950, il cui tema fondamentale era la freddezza dei soggetti all’interno di uffici o ambienti burocratici della Grande Mela o simili.
Anche questo quadro, come si potrebbe intuire, rappresenta questo tema e il titolo è dato dalla presenza di quattro lunghi tavoli da conferenza nell’ufficio e i tre soggetti che parlano tra di loro. Su due dei quattro tavoli da conferenza sono poggiati due enormi libri, che sembrano dare maggior realismo al quadro, ma non hanno alcun significato rilevante.
La freddezza del quadro e del paesaggio è data soprattutto dalle colonne che dividono lo spazio tra la zona oscura e quella illuminata, e dal colore smorto delle pareti, che ricalcano un colore blu glaciale, il tono ideale della freddezza.
Ulteriore elemento che fa riemergere il tema della solitudine si nota soprattutto dai protagonisti, e si vede in particolar modo nelle espressioni dei soggetti, con l’uomo a destra che sembra che stia spiegando qualcosa agli altri due e questi ultimi invece hanno degli atteggiamenti abbastanza distaccati: la donna infatti ha lo sguardo perso nel vuoto della città, le cui luci si riflettono sulle pareti e l’uomo con il cappello sembra invece che si trovi lì solo di passaggio.
Niente eventi che si staccano, niente di particolare o qualche azione che spezza l’atmosfera, qui, così come in Morning Sun, regna la solitudine.